Giuseppe Cataldo, l’esploratore scelto delle stelle!

Giuseppe Cataldo, l’esploratore scelto delle stelle!

Un Esploratore Scelto Assoraider alla Nasa. Giuseppe Cataldo della ex Sezione di Lizzano, è stato Capo Pattuglia della Condor di Lizzano, per due anni lui e la sua pattuglia hanno svolto le attività insieme al nostro Reparto Oshawa allora condotto da Veronica Calabrese.

Giuseppe è un vero genio, capace di eccellere in qualsiasi cosa, dalla musica, allo studio e soprattutto nello Scautismo, dove fu capo pattuglia perfetto “autodidatta” conducendo la sua pattuglia libera nella delegazione di Lizzano. Ricevette l’Esploratore Scelto al Campo Nazionale di Camelot 2000 quando era capo di una pattuglia mista di esploratori di Lizzano e di Taranto 2.

Dopo la Compagnia fatta presso Taranto 1, ha anche partecipato anche alla Scuola Capi Assoraider.

Oggi lavora alla Nasa per un importante progetto del quale vi riportiamo un’articolo  del Corriere della Sera a cura di Giovanni Caprara.

In bocca al lupo Giuseppe!

L’italiano della Nasa e il telescopio che mostrerà la nascita delle stelle

Cataldo, 32 anni, è nel team che sta realizzando l’erede di Hubble.
«Da bambino sognavo di lavorare all’Ente spaziale americano»

 «Da bambino sognavo di lavorare alla Nasa. Quando anni dopo, a Washington, ho ricevuto la proposta per essere assunto non ci credevo». Il tono delle voce di Giuseppe Cataldo è ancora pieno di meraviglia e ora aggiunge l’orgoglio dei due riconoscimenti che l’ente spaziale americano gli ha assegnato per i suoi contributi al programma del James Webb Space Telescope, il telescopio spaziale successore dell’attuale Hubble: l’Early Career Public Achievement Medal per i nuovi metodi matematici ideati per controllare gli aspetti termici, i più critici del telescopio; e il Group Achievement Award per i meriti conquistati nella costruzione e nella prova dello stesso osservatorio al centro Goddard della Nasa.
Provincia di Taranto

Qui Giuseppe, nato 32 anni fa in provincia di Taranto, è un uomo chiave del progetto dell’osservatorio più costoso che la Nasa abbia mai concepito (dieci miliardi di dollari). Realizzarlo è stata un’impresa: doveva essere lanciato nel 2010 e ora la data fissata è verso il marzo 2019 con il razzo europeo Ariane dalla Guiana perché anche l’Esa partecipa al piano. Intanto i costi sono saliti di quattro volte rispetto alle previsioni e la Nasa ha deciso di sacrificare altri programmi, consapevole delle scoperte che «Webb Telescope» regalerà affrontando e risolvendo gli ardui problemi tecnologici posti dalla sfida. È dotato di un grande specchio di 6,5 metri, che si aprirà come un fiore dispiegando i suoi 18 petali di berillio. Inoltre il funzionamento dovrà essere rigorosamente mantenuto alla temperatura di meno 266 gradi per riuscire a raccogliere la radiazione infrarossa emessa dai corpi celesti più deboli e remoti. Per questo lo specchio è pure schermato da cinque fogli di Kapton, un materiale plastico che accetta le alterazioni provocate dall’ambiente spaziale: lunghi 20 metri, anch’essi dovranno aprirsi alla perfezione dopo essere stati piegati come degli origami.

L’occhio cosmico

«Con il mio metodo matematico — racconta Giuseppe — si verificano le qualità termiche del telescopio in appena due settimane quando prima occorrevano tre mesi. Ma soprattutto sarà in grado di garantire un’affidabilità finora impossibile da raggiungere». Ed è quello che serve perché il grande «occhio cosmico» sarà sistemato a un milione e mezzo di chilometri dalla Terra per allontanarlo da possibili disturbi causati dal nostro pianeta o dalla Luna, e non potrà essere riparato come era accaduto con Hubble grazie a varie missioni dello shuttle e agli interventi degli astronauti. «Lassù sarà capace di rivoluzionare l’astronomia mostrandoci gli oggetti più antichi del cosmo, vale a dire l’universo bambino. Quando, dopo soli 400 milioni di anni dal Big Bang, nascevano le prime stelle e le prime galassie». Mai nessuno strumento costruito dall’uomo era riuscito a vedere tanto lontano nel tempo e nello spazio.

Al Politecnico

Inseguendo il suo sogno, Giuseppe Cataldo ha iniziato a studiare fisica all’Università statale di Milano. «Ma avevo capito che la mia strada era quella dell’ingegneria e quindi mi sono trasferito al Politecnico». Qui si è laureato nel 2010, quando la Nasa lo aveva già assunto. «Da studente, infatti, mentre seguivo dei corsi in un’università francese, ho vinto uno dei due posti banditi in Europa dall’Esa per entrare alla Nasa Academy e questo ha aperto le porte alle mie aspirazioni». Da allora è stata una rapida corsa verso le stelle. Ha lavorato al centro Goddard e ha seguito un dottorato al Mit di Cambridge, vicino a Boston, maturando quelle capacità innovative di cui Webb Telescope aveva assoluto bisogno e ora premiate. Adesso, mentre sale anche in cattedra all’Università del Maryland, Giuseppe ha una nuova aspirazione nascosta. «Dopo lo straordinario e magnifico impegno con il grande telescopio che richiederà alcuni anni, mi piacerebbe tornare in Italia a insegnare all’università, consapevole che da noi la preparazione che si conquista, nonostante tutto, è eccellente».