La Pattuglia Liberata
a cura degli Scaut Emanuele Greco (3°PTG) e Filippo Pavone (VCP), della Ptg. Falchi
Un giorno in riunione, il capo pattuglia ci ha informati che avremmo fatto un bivacco per svolgere un’impresa pionieristica. Ci ha dato alcune idee, ma quella che ci ha attratto di più è stata la casa sull’albero.
Era bello poter pensare di avere un nostro personale rifugio. Quel giorno abbiamo provvisto a ricercare su internet alcune informazioni basilari per la realizzazione del progetto su carta millimetrata.
Dopo una settimana avevamo già pronti tutti i materiali necessari per l’impresa. Saremmo restati in sede a dormire per partire il giorno dopo fino alla Batteria Cattaneo.
Quella sera del 19 maggio, dopo una riunione di Reparto piuttosto elettrizzante, abbiamo riordinato tutti i pali e sbrogliato i cordini nell’attesa che la cena arrivasse. Preparato il tavolo, iniziammo a mangiare le pizze, c’era voglia di chiacchierare nell’aria…
Dopo qualche barzelletta dell’assistente di Google, ci eravamo messi al lavoro. Più tardi, eravamo pronti per la veglia, il momento più importante del bivacco dove ognuno esterna i propri sentimenti alla pattuglia. Mentre le candele accese iniziavano a sciogliersi, il vicecapo pattuglia ci fece chiudere gli occhi, avviò un sottofondo musicale e iniziò a leggere una storia:
“Su un’isola densamente abitata, la gente aveva scavato sulla collina dei terrazzi per coltivare il riso. Un giorno il piccolo Jack andò sulla collina con il nonno per lavorare la terra. Il riso era secco e ormai pronto per il raccolto. Ad un tratto il nonno si fermò: guardando il mare vide qualcosa che solo da lì poteva vedere. Dopo qualche istante di esitazione il nonno gridò al nipote: “Presto, prendi la fiaccola e vieni dietro a me!” Il vecchio si mise a correre dentro i campi di riso e li incendiava tutti. Il piccolo Jack gli andava dietro con la sua fiaccola piangendo e pensando che il nonno era impazzito. Vedendo le fiamme distruggere il raccolto, tutto il villaggio si precipitò sulla collina. Arrivati lassù cominciarono a gridare imprecazioni contro il nonno ma lui non si mosse. Con la mano indicò la spiaggia: un’immensa onda anomala si era abbattuta sul villaggio spazzando via tutto. Le case erano distrutte ma la gente era salva: solo correndo verso la collina si erano potuti salvare.”
La prima domanda che ci pose Filippo fu: “In quale personaggio vi siete ritrovati avendo gli occhi chiusi?”. Tutti si erano rivisti al posto di Jack, che, seguendo il nonno aveva incendiato i campi. Questa favola giapponese ci ha fatto riflettere sull’importanza del rispetto, ma anche del sacrificio. Questo racconto si riferiva ad un importante articolo della legge Scout che recita:
“Lo Scout sa che per imparare a guidare gli altri deve prima saper obbedire”
Ognuno di noi, non solo ha parlato di sé, ma ha anche contribuito ad aiutare l’altro, come oggetto di grande consolidamento e di amicizia tra noi. Ogni persona ha avuto il suo turno di parlare e quando aveva finito, avrebbe soffiato su una delle candele, facendole prima o poi spegnere tutte. Quando furono spente, andammo poco dopo dormire, sapendo di essere più uniti dei giorni precedenti. Eravamo stati liberati tra di noi.
Il giorno seguente, dopo una velocissima colazione a base di cornetti, ci siamo preparati per partire verso l’amatissima Batteria Cattaneo. Dopo un percorso tortuoso e intricato, siamo giunti a destinazione per scaricare tutti i materiali. Non restava che scegliere il posto adatto per costruire, molto semplice a dirsi… scelti i quattro alberi, iniziammo a costruire il nostro rifugio nel bosco.
Cominciammo con una struttura bassa per posizionare, successivamente, i pali che avrebbero costituito il pavimento.
Posizionata la base di appoggio li abbiamo fissati con una complessa legatura che ha messo a dura prova le nostre capacità pionieristiche.
Subito dopo, mentre alcuni di noi costruirono la scala per accedere al fortino, un altro gruppo si occupava del palo portante del soffitto, quello che avrebbe retto il telone di copertura.
Ultimato il fissaggio del telone e arredata la casa con cornicioni e con tanto di campanello all’entrata, il rifugio era pronto per ospitarci. Sarebbe stato proprio lì, dopo alcuni scatti fotografici, che avremmo gustato il nostro meritatissimo pranzo.
Eravamo liberi di decidere cosa fare.
Dopo quella pausa con alcuni membri della Pattuglia Leoni, con la quale come gesto di amicizia, condividemmo la nostra costruzione, partimmo all’esplorazione della Batteria, luogo rinomato per la presenza di vecchi edifici sconosciuti ma, al tempo stesso, affascinanti.
Eravamo liberi di esplorare il luogo! Lo “visitammo” per registrare un breve filmato su quello che vuol dire per noi, essere Scout: curiosi di scoprire.
Il nostro affabile tecnico Emanuele ha montato e editato il video che, alla fine, risultava un vero episodio di una serie televisiva! Tornati alla base operativa, abbiamo fatto un breve rifornimento d’acqua e giocato a pallone per breve tempo.
Infatti era ormai il momento di smontare la casa sull’albero. Con tristezza e profondo rammarico, ci toccò demolire la nostra impresa così come l’avevamo creata.
Ma proprio come una Fenice, che risorge dalle sue ceneri, avremo infatti l’opportunità di riproporre il progetto al campo estivo che si terrà quest’agosto.
Tutta la pattuglia è elettrizzata all’idea… siamo finalmente liberi. Arrivederci e alla prossima avventura!